American Pastoral o Pastorale Americana di Philip Roth è più che la storia di un uomo chiamato Levov, è più che un romanzo storico, è un'importante critica alla società americana (di quegli anni), anche se non mi sembrano molto diversi, oggi.
Come recensirlo è un problema, per via della quantità di nozioni storiche che coprono quasi quarant'anni, parlando solo della storia di Levov, ma c'è anche il dopo. Quindi, per non creare confusione, ho pensato di fare solo una breve sintesi dei fatti importanti senza troppi spoiler (ma sopratutto senza quelli fulcro della trama se non con l'avviso).
Cominciamo col dire che la struttura narrativa è ben ideata.
L'alter ego dell'autore, Nathan Zuckerman, che troviamo anche ne "La macchia umana", è colto da nostalgia in tarda età e quindi va per la prima volta al 45° anniversario dei compagni di College. Qui rivede il fratello, suo coetaneo, del mitico Seymor Levov, soprannominato "lo Svedese" per via del suo aspetto nordico.
Lo Svedese era ai suoi occhi il vincente, colui che era campione in ben tre sport e che avrebbe potuto fare di tutto nella vita, che gli sorrideva e lo avvolgeva con benevola fortuna. Ma sarà il fratello Jerry a raccontargli la sua tragica vita, fino a un certo punto. Gli narrerà del suo primo matrimonio con una donna cristiana Dawn, perché i Levov sono ebrei, e di come fossero felici anche quando è arrivata la prima figlia Merry. Seppur balbuziente, lei era la gioa del padre e della madre.
Finchè un giorno, la bambina chiede al suo bel padre di baciarlo come bacia la mamma.
Ora, il romanzo si distacca molto dal film.
Vedi questo bacio, per esempio. Nel film del 2016 diretto e con Ewan McGregor, abbiamo due reazioni diverse; nel romanzo Levov la bacia e inizia la sua personale via verso un decadimento anche psicologico, mentre nel film non la bacia, ma resta comunque turbato.