martedì 24 gennaio 2017

[recensione] Panino al prosciutto di C. Bukowski



TRAMA: Tra le periferie di una Los Angeles prostrata dalla Grande Depressione degli anni Trenta, Henry Chinaski vive il suo romanzo di formazione, le inquietudini di adolescente ribelle alle prese con l’incapacità di venire a patti con il mondo che lo circonda e con il suo stesso bruciante desiderio di libertà. Isolato tanto in famiglia quanto tra i suoi coetanei, picchiato dal padre e deriso da quelli che vorrebbe come amici, incapace di avvicinarsi all’universo femminile, Chinaski compie con rabbia la sua crescita intellettuale e sentimentale: in pochi anni brucia le illusioni di ricchezza e benessere del padre così come il perbenismo della madre, rifiuta una per una le proprie amicizie, affronta beffardamente la frustrazione dei suoi primi desideri d’amore. Ma allo stesso tempo scopre la biblioteca pubblica e la compagnia impareggiabile dei libri, il conforto dell’alcol, l’inutilità della scuola e le possibilità di riscatto riservategli dalla scrittura.
Panino al prosciutto è quindi soprattutto la storia di un affrancamento dalla casa del padre e dal mondo di tutti i padri, un viaggio adolescenziale verso la libertà che l’autore ci narra con il suo stile unico, acre, sarcastico, ma anche sottilmente e teneramente disperato.

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