lunedì 17 gennaio 2011

BISCLAVRET di V. Delsere e E. Maffioletti

Quello che segue è un assaggio, alla fine il link di collagamento con Libri e Caffelatte.

Illustrazione di Arianna Milesi
«Dame, jeo devienc bisclavret.
En cele grant forest me met,
Al plus espés de la gaudine,
S’i vif de preie e de ravine».

«Signora, io divento un lupo mannaro.
M’inoltro in quella grande foresta,
nel folto della macchia,
e vivo di preda e di rapina».

Maria di Francia, Lai di Bisclavret, vv. 63-66

INCIPIT exended al PROLOGO

Dovevano avermi già disteso sullo scudo. Sentivo il corpo sollevarsi. Un clamore mi avvolgeva. Forse ero morto da valoroso in battaglia. Forse il cuore si era schiantato per amore. Provai a sollevare le palpebre. 
Una luce sfolgorante quasi mi tolse la vista. Poi cominciai a distinguere vaghe figure.
«Ha aperto gli occhi» sentii mormorare. «È proprio un uomo». 
Un brusio si diffuse.
«Cavaliere, cavalier Aimone!». Una voce sopra le altre mi chiamava.
Distolsi gli occhi dal bagliore inseguendo quel suono così grato. 
Vidi affacciarsi un viso virile, bello e nobile. La barba ricciuta, lo sguardo vivace. Il naso ricurvo, segno certo d’alto lignaggio.
«Cavaliere, orsù! Non mi riconoscete?». 
L’accento tradiva umanissima preoccupazione e un’agitazione a stento trattenuta.
Con le narici mi aggrappai al noto odore di cuoio e sudore, di caccia e selvaggina. La mente mi si aprì a una lieta visione, un cervo agonizzante in un’ampia radura cinta da ombrosi alberi discreti. Dal collo il sangue sgorgava a fiotti, caldo e fumante.
Una delizia che mi fece tremare di confusione e desiderio.
Cercai allora lo sguardo del nobiluomo quasi a implorare conforto, ma quegli trasalì e si ritrasse. Poi, vergognandosi di apparire titubante di fronte agli astanti, la voce si schiarì con numerosi hmmm e subito girò il capo all’intorno con espressione di chi comandando non ammette critica. Chiuse la destra a pugno, trattenne un gesto che avrebbe potuto tradire l’esitazione e di nuovo s’incurvò, bisbigliando perché nessuno udisse:
«Cavaliere, vi prego! Alzatevi come si alza un uomo!». 
Sul momento non capii cosa intendesse. Uomo lo ero sempre stato!

Avevo un bel castello, possedevo duecentoventidue armenti, quattro paia di buoi, sessantotto giovenche, centocinquantuno galline, quattordici galli, svariate oche e pollastri, due mute di veltri, diciotto giumente, due stalloni, tre castroni (destrieri, per giunta), dodici puledri, ventuno scrofe, quattro verri, centotre lattonzoli, per Giove Pluvio! E poi, la dolce amica che un giorno fu mia sposa e tanto cara al cor mi s’afferrava: Deliana.

TRAMA: Nel cuore di un Medioevo insieme realistico e fantastico, il cavaliere Aimone di Torrarmata è incline per temperamento alla pratica dell’ironia, la meno cavalleresca delle virtù. Uomo “illuminato” e dunque anomalo rispetto al suo tempo, amministra con saggezza le proprie terre, ma è afflitto da una misteriosa e ricorrente metamorfosi che fa di lui, pacifico vassallo di re Alberico, un feroce predatore
La sua singolare natura gli conferisce il potere di viaggiare nel tempo per mezzo di folgoranti visioni, nonché la capacità di osservare il mondo con candido disincanto, traendone conclusioni paradossali e anticonformistiche ante litteram. Dopo aver ascoltato la profezia di Raksha, giovane e avvenente indovina della quale non può che innamorarsi, Aimone decide di intraprendere un’impegnativa ricerca per ricomporre le due facce della sua sconcertante personalità
Prende così l’avvio un emozionante percorso iniziatico nel solco della migliore tradizione cavalleresca, raccontato in prima persona dal cavaliere di Torrarmata con un linguaggio originale e divertente, che unisce alla cura filologica il gusto della battuta fulminante, la caratterizzazione gotica, pittoresca o spassosa a seconda delle situazioni. Ne scaturisce un’avventura indimenticabile, dove il cammino è orientato dall’interpretazione di segni e dalla soluzione di enigmi, tra vagabondaggi, duelli, incontri stupefacenti e pericoli mortali, fino al traguardo della decisiva illuminazione.

Il romanzo stampato dalla casa editrice O.G.E. Oleandri riprende la figura del bisclavret! 
Licantropo medioevale
Una versione medioevale del licantropo. 
O meglio, la figura del lupo mannaro vista con gli occhi del Medioevo. Gli occhi in questione sono di Maria di Francia che ne parla nelle sue liriche (lais). A lei si deve il termine bretone, a mio avviso molto intrigante ^_^

Con la presentazione prosegue su LIBRI E CAFFELATTE

Le sole conclusioni, comunque, sono:
E' davvero un gran bel romanzo! Merita una recensione tutta sua, cercherò di creare qualcosa di "speciale" ^^ Comunque, per ora vi dico che è scritto BENISSIMO! Le autrici usano un linguaggio molto curato con termini medievaleggianti che lasciano vivere "il senso di meraviglia" per tutto il libro. La trama scorre che è un piacere. Una PERLA!
PROMOSSO!

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